Il vostro Istituto ha scelto la strada della sperimentazione e ricerca didattica: può descriverci quanto finora, in questo senso, avete fatto?

L’idea che abbiamo sviluppato è di far lavorare a gruppi studenti provenienti da 3 classi prime diverse, nelle discipline matematica, inglese e italiano, per circa 2 ore/disciplina a settimana (almeno 2 volte al mese), mediante le seguenti attività:

  • Cooperative Learning: gruppi di 3 studenti di diverso livello provenienti da 3 classi diverse che lavorano nei ruoli di leader, segretario e scettico nella risoluzione di problemi. Agli studenti viene comunicato in quale gruppo e in quale aula devono recarsi. Il docente spiega brevemente l’attività da svolgere e gli studenti, a gruppi e nel tempo fissato, risolvono il problema. Quindi il docente invita uno studente a proporre la soluzione del gruppo usando la LIM, la soluzione viene discussa e salvata in un file pdf. Gli studenti, a casa hanno il compito di risolvere problemi simili a quelli affrontati in classe. Il docente propone una verifica individuale per l’accertamento delle competenze.
  • Peer Educationgli studenti di una classe vengono istruiti dal proprio docente curricolare su un particolare argomento (ad esempio l’uso del software Maxima). Questi studenti avranno il ruolo di Docenti in gruppi eterogenei di ragazzi, provenienti da classi diverse. A turno, tutti gli studenti delle classi prime svolgeranno il ruolo di docente. (L’idea alla base di questa attività didattica è che “Solo se hai compreso veramente un argomento, lo sai anche comunicare”).
  • Tutoraggio: in piccoli gruppi eterogenei, uno studente assume il ruolo di tutor. Il tutor predispone, con l’aiuto dell’insegnante, il materiale adatto per il recupero di abilità/competenze non acquisite dagli studenti più deboli. Poi il docente, con prove differenziate, verifica il recupero.
  • Studenti autori: a gruppi, gli studenti producono ebook o presentazioni su argomenti tutti diversi, che poi espongono alla classe nel ruolo di docenti-autori. La verifica è su tutti gli argomenti e per tutta la classe.

Individualizzare e collaborare sono due importanti polarità attorno cui ruota il modello didattico che avete scelto: queste due spinte che sembrano divergere come si conciliano e realizzano in pratiche d’insegnamento/apprendimento quotidiane?

Grazie alla completa informatizzazione della scuola e alla digitalizzazione della didattica è stato possibile “ribaltare le classi” per trasferire la responsabilità dell’apprendimento dal docente agli studenti. Così, ad esempio, il momento dello studio individuale, da sempre appartenente allo studio domestico, può essere svolto a scuola (individualmente o in gruppo, a seconda della tipologia di lavoro) dopo che le informazioni sono state acquisite a casa attraverso indicazioni fornite dal docente (in classe o sulla piattaforma didattica). La Flipped Classroom aiuta a trasformare gli insegnanti da dispensatori di contenuti in guide per l’approfondimento, e gli studenti da contenitori di informazioni in protagonisti del loro apprendimento. Attraverso la piattaforma di elearning vengono trasferite alcune informazioni (da approfondire a casa, prima della lezione in aula) con l’obiettivo di liberare il tempo a scuola. Il tempo d’aula è così dedicato all’approfondimento individuale o al lavoro di gruppo, articolabile per livello di apprendimento, per compiti da svolgere o per attività elettive (interessi culturali). In tal modo è anche possibile una personalizzazione di contenuti e metodologie didattiche. La struttura scolastica deve pertanto rendere agevoli queste nuove pratiche didattiche, riadattando gli spazi in funzione delle esigenze previste dalle cosiddette “classi ribaltate”.

Il vostro Istituto, forte delle scelte didattiche fatte, riconosce all’organizzazione degli spazi, alla loro materialità per un verso, alla loro progettata destinazione d’uso per l’altro, un ruolo preminente nel processo formativo: come è maturata quest’attenzione e a che cosa mira?

La riflessione sullo “spazio che insegna” è maturata negli incontri di formazione, interni ed esterni, svolti sulle tematiche dei più recenti seminari ADI, sulle ricerche dell’Indire e grazie alla collaborazione con Mariagrazia Marcarini, dottoranda presso la “Scuola Internazionale di Dottorato in Formazione della persona e del mercato del lavoro” dell’ Università degli Studi di Bergamo. Poiché i modelli di insegnamento sono strettamente legati al setting d’aula, crediamo che l’architettura scolastica, gli arredi e tutti gli spazi della scuola, debbano essere ripensati sulla base del modello pedagogico che sta alla base delle scelte di Istituto. Non potendo costruire nuove scuole in tutt’Italia, è necessario riprogettare gli spazi già esistenti per renderli adatti alle nuove metodologie. C’è una “leggibilità” degli spazi, concetto già appartenente alle scuole montessoriane, per cui gli studenti devono essere in grado di riconoscere, attraverso la lettura dei luoghi, a quale tipo di apprendimento lo spazio è destinato. Esiste una stretta relazione tra la struttura, gli arredi e gli spazi (aspetto topico) e ciò che significano gli stessi (aspetto semantico). Il nostro intento è stato quello di riappropriarci di questo legame perché crediamo fermamente che l’apprendimento ne risulti notevolmente facilitato.

Mi pare anche interessante la distinzione proposta fra “aula disciplina” e “aula classe”, può spiegare in che cosa consiste?

Per noi l’aula è lo spazio fisico in cui si svolge l’azione didattica, la classe è l’insieme degli alunni. Classe e aula all’Istituto Fermi non sono più in corrispondenza biunivoca. Le aule sono invece associate ad una disciplina, non potendo essere associate ad un singolo docente per motivi logistici (abbiamo circa 160 professori a fronte di un centinaio di spazi didattici). L’aula-disciplina è uno spazio in cui si può “leggere” l’apprendimento. L’aula di matematica non può essere asetticamente uguale all’aula di italiano o di inglese. I laboratori sono a tutti gli effetti aule e le aule a tutti gli effetti laboratori.
I docenti che coabitano nella stessa aula possono personalizzare gli arredi collegando la leggibilità dello spazio alla disciplina insegnata. Le aule-disciplina sono nondimeno importanti perché annullano l’isolamento del docente, contribuendo a realizzare quella cultura-ponte necessaria per la condivisione di programmi, materiali, idee e metodologie.

Siete partiti dalle aspettative e dai bisogni degli “utenti” del servizio scolastico, cioè degli studenti. Può raccontare, per la vostra esperienza, quali sono le aspettative e i bisogni emersi e di cui tener massimamente conto in futuro?

Gli spazi-aula devono essere: ampi, aperti, adattabili e flessibili con zone relax o dedicate alla discussione. Circa gli spazi al di fuori dell’aula, sono risultati sopratutto necessari:

  • ampi atri come luoghi di incontro o, comunque, un’area che sia la piazza della scuola in cui tutti gli alunni si possano ritrovare
  • una zona ristoro (bar-mensa)
  • spazi per piccoli gruppi
  • zone per il lavoro individuale

Mentre quelli che seguono sono i principali bisogni espressi dai ragazzi, nelle interviste svolte dagli architetti di Normalearchitettura di Milano, che hanno progettato la ristrutturazione degli spazi:

  • “mi piacerebbe avere uno spazio per studiare”
  • “sarebbe bello potersi trovare per i lavori di gruppo”
  • “durante l’intervallo e’ bello avere un punto di ritrovo”
  • “io vorrei potermi sedere e chiacchierare con i miei compagni”

Il 29 novembre, in occasione del Seminario Spazi per l’apprendimento individualizzato e per l’apprendimento cooperativo saranno inaugurati i nuovi spazi per l’apprendimento, realizzati secondo il modello pedagogico della scuola “Hellerup” di Copenhagen.

Di Francesco Vettori


Cristina Bonaglia è dirigente scolastico all’Istituto Enrico Fermi di Mantova dall’anno 2007. L’Istituto ha promosso diversi progetti riguardanti sia l’organizzazione che la didattica scolastica.
Fra i primi segnaliamo:

  • Realizzazione di spazi per l’apprendimento individualizzato e per l’apprendimento cooperativo.
  • Le tecnologie finalizzate alla didattica costruttivista: le classi senza aula, l’aula T.E.A.L. (Technology Enabled Active Learning), le aule-laboratorio.
  • Informatizzazione generale dell’Istituto: nell’Amministrazione e nella didattica.
  • Il Taglia_carta: eliminazione di tutto il cartaceo (registri, libretti delle assenze, avvisi, comunicazioni scuola-famiglia…).
  • Rendicontazione sociale agli stakeholder attraverso la redazione del Bilancio Sociale.
  • Sperimentazione delle nuove forme organizzative della Riforma: Dipartimenti e Comitato Tecnico Scientifico (CTS).

Nel 2009 l’Istituto ha ricevuto la “menzione speciale” nel concorso per le Pubbliche Amministrazioni partecipando col progetto “Taglia_carta”, per la riduzione dei costi di funzionamento.
Fra i secondi:

  • Il modello pedagogico-didattico dell’apprendimento individualizzato e dell’apprendimento cooperativo, ricerca di nuove metodologie didattiche.
  • La scuola “digitale”: libreria di contenuti didattici digitali prodotti dai docenti dell’Istituto, classi virtuali di docenti e studenti, libri di testo in formato digitale, aule multimediali, un PC per ogni docente e per ogni alunno.
  • Le classi senza aula, l’aula-laboratorio: l’aula è assegnata ad un gruppo di docenti dello stesso dipartimento disciplinare, gli alunni ruotano a seconda dell’orario stabilito.
  • Progetti per il potenziamento della qualità dell’insegnamento delle discipline tecnico-scientifiche.
  • Organizzazione di curricoli di discipline tecnico-scientifiche in lingua inglese: informatica, matematica, meccanica ed elettrotecnica (CLIL).

Foto Istituto Enrico Fermi – Mantova (credit G. Moscato)

Intervista a Cristina Bonaglia, dirigente scolastico all’Istituto Enrico Fermi di Mantova

Tipologia: Intervista

Innovazione
Tecnologie